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Corriere della Sera: Cellulari (velenosi) nel cassetto
Corriere della Sera: Cellulari (velenosi) nel cassetto

Ogni anno in Italia 9-10 milioni di smartphone usati diventano rifiuti elettronici L'importanza del riuso ( e le start up che fanno questo lavoro): produrne di nuovi ha costi per l'ambiente In molti Paesi del Terzo Mondo lo sfruttamento di materie prime è causa di conflitto


Due giovani, in un ufficio di Milano, da mesi si dedicano notte e giorno a un cassetto presente in ogni casa d'Italia. La collocazione varia - in cucina, soffitta, cantina - come le stime sul contenuto. Fabian Thobe e Alessandro Faccin hanno fatto i conti mille volte. «In dieci anni il valore dovrebbe aver raggiunto i 20 miliardi di euro», calcolano. L'equivalente di due finanziarie in circuiti e microchip fuori uso, o fuori moda. Ogni anno in Italia 9-10 milioni di smartphone usati diventano rifiuti elettronici (Raee) ma nella mente dei proprietari potrebbero sempre tornare utili: così li chiudono nel cassetto. I due giovani hanno fondato una startup - riCompro - per recuperarli, ma «è tutt'altro che semplice» ammettono.

Materie prime e guerre

Secondo dati ufficiali, la domanda di materie prime come litio e cobalto per il settore hi-tech è triplicata negli ultimi tre anni, e raddoppierà entro il 2020. Arrivano per lo più dal Terzo Mondo con costi - ambientali e umani - altissimi: per l'Ocse lo sfruttamento delle miniere di cobalto e tantalio in Congo, ad esempio, è la causa del conflitto civile che dal 1998 insanguina il paese. Quattro anni fa l'Italia ha recepito una direttiva Ue che promuove il riciclo dei minerali "a rischio". Come? Per Danilo Bo nato del consorzio non profit Remedia, convincere i cittadini a togliere i loro vecchi cellulari dai cassetti avrebbe «un impatto ambientale e sociale enorme»: un piccolo gesto che in realtà «è un grande atto di responsabilità e impegno a beneficio del pianeta e delle popolazioni svantaggiate». Assieme al Politecnico di Milano, nel 2011 Remedia ha creato l'osservatorio E-Waste Lab, per studiare il problema. In media, ogni anno 19 milioni di nuovi telefonini vengono immessi sul mercato italiano: «Di questi - spiega Bo nato - nove su dieci sono smartphone, e hanno una vita media di tre anni. Il problema è quanti telefonini allo stesso tempo escono dal mercato perché usurati, rotti, o semplicemente perché è uscito un nuovo modello ». Una parte di questi "rifiuti" sono, in realtà, perfettamente funzionanti o quasi. Negli ultimi anni sono nate startup che ne promuovono il riuso: la citata ricompro, la francese Back Market (sbarcata in Italia nel 2016) o Trendevice.it, per citarne alcune.

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Le abitudini dei consumatori, però, sono cambiate poco. Secondo un'indagine condotta da riCompro, il grosso dei telefonini italiani (52 per cento) finisce ancora Milioni in un cassetto di casa; solo lo 0,5 per di telefoni cento viene buttato e, si spera, ricivengono ogni clato. Il resto passa in mano ad amici anno immessi o parenti - il 23 per cento. «Solo una sul mercato minima parte dei nostri telefonini italiano: 9 su 10 viene riparato e rimesso sul mercasono to. Eppure la tecnologia disponibile smartphone e permette di recuperare praticamendurano 3 anni te tutto, ad eccezione di rari casi», spiegano Thobe e Faccin. I due giovani startupper spacchettana e riconfezionano telefonini senza sosta in una stanza nell'Impact Hub di Milano, un incubatore dedicato all'innovazione sociale. «Abbiamo cominciato un anno fa e le richieste sono in grande aumento. Riceviamo smartphone usati da tutta Italia, e siamo solo agli inizi »,spiegano: «Il circuito virtuoso del riuso è rallentato dai produttori, per interesse, ma è l'unica strada davvero sostenibile. Perché distruggere prodotti e riciclarne le materie prime, quando si può semplicemente aggiustarli?». Nell'ufficio di ri- Compro i telefonini vecchi vengono analizzati, affidati a un tecnico per le riparazioni, quindi rivenduti. In gergo si dice "ricondizionati". Ma quanti, degli smartphone sul mercato, hanno questa seconda chance? In Germania il 16 per cento, in Inghilterra il 20, il 23 per cento negli Usa. In Italia meno di un apparecchio su dieci: lo dice un'indagine condotta l'anno scorso da Deloitte.

Accumulatori seriali

Resta il problema degli antenati dello smartphone, telefoni fissi, cordless rotti, cellulari analogici: ogni casa italiana ne conserva un campionario per quell'istinto nostalgico, che fa di un consumatore su due un dannoso accumulatore di Raee. La grande distribuzione ( da Euronics a Mediaworld) è stata costretta dalla legge a ritirare i vecchi elettrodomestici. Non mancano le buone pratiche: Coop, ad esempio, nel 2017 ha avviato una raccolta sperimentale in due punti vendita di Milano. In Lombardia e Sicilia sono sorti i primi impianti idro-metallurgici per il riciclo dei rifiuti elettronici, che fino a ieri dovevano arrivare (inquinando) in Belgio o in Germania. Ma la strada è ancora lunga. E i cassetti ancora pieni.